Silvia Truzzi, Longanesi
Il cielo sbagliato
di Silvia Truzzi, edito da Longanesi
«Dora ha gli occhi gonfi di lacrime, il naso le cola già da un pezzo. Abbraccia Luisa stretta come se la volesse mangiare, e tutto d’un fiato dice: «Mamma, no, non andare via». È la prima volta che pronuncia quella parola: Luisa si paralizza, chiude gli occhi, sente lo stomaco stringersi in una morsa straziante mentre accarezza la sua bambina. (…) Adesso piangono tutte e due, la donna e la bambina abbracciate strette: sui visi umidi si mischiano lacrime che hanno il sapore velenoso degli addii obbligati e il dolore incredulo dell’ingiustizia. Luisa teme di non avere la forza di lasciare Dora, perciò si alza di scatto farfugliando parole confuse con il pianto. Esce di casa con un passo innaturalmente svelto, mentre i singhiozzi della bimba si fanno più violenti e sente sua nonna dirle: «Smettila, mi fai venire mal di testa. Tu non hai la mamma. Sei orfana, capito? Se non la pianti, le prendi subito.»
Recensione
Ritrovo l’autrice Silvia Truzzi tra le pagine di un bellissimo romanzo corale che si dipana tra le due guerre mondiali. Il romanzo in questione si intitola Il cielo sbagliato, edito da Longanesi.
L’autrice Silvia Truzzi, dopo l’enorme successo di Fai piano quando torni, romanzo in chiave moderna, ha deciso di cimentarsi con un romanzo storico attingendo direttamente alla memoria storica racchiusa tra le mura domestiche, ricordi di famiglia tramandati di generazione in generazione da chi ha vissuto sulla propria pelle la tragedia della guerra.
Siamo a Mantova nel 1918, esattamente il giorno dell’armistizio della Prima guerra, nascono a poche ore di distanza due bambine: Irene e Dora. Due vite, due destini ben separati. Irene appartiene ad una famiglia benestante dell’antica nobiltà della città, mentre Dora nasce in miseria, orfana di madre e stretta nella morsa dell’arcigna nonna Regina, è costretta fin dalla tenera età a lavorare e a chiedere l’elemosina sul sagrato della chiesa, teatro anche del primo incontro tra le due bambine. Allora ancora inconsapevoli, la vita le avrebbe riunite molti anni dopo.
Dora è sicuramente una protagonista dalle mille sfaccettature, animata da un’intelligenza acuta, attenta osservatrice del mondo e spesso animata da pensieri profondi, tanto da risultare insensibile e calcolatrice, eppure è impossibile non amarla, comprenderla. Nata “bastarda”, e additata per tutta la vita come un’approfittatrice, ha sempre dovuto lottare per ritagliarsi un posto nella società, recuperare una dignità che le era stata negata fin dalla nascita. Ma grazie alla generosità della famiglia di Nino Benedini, all’età di sette anni la vita di Dora cambia radicalmente.
Con il passare degli anni a Palazzo Valentini, Dora comprende ben presto che non sarà solo la sua prorompente bellezza a cambiarle la vita, l’aspetto fisico non conta nulla se non è accompagnato da un’adeguata istruzione. Dora si impegna al massimo, si dedica con dedizione allo studio, alla lettura, cercando di colmare tutte le sue lacune, consapevole più che mai che l’istruzione sarà il suo lasciapassare, indispensabile per una vera signora dell’alta borghesia. Perché Dora non desidera solo una vita migliore, lei ambisce ad una posizione sociale, lei sarà per sempre un’orfana, nata povera, e solo un buon matrimonio potrà garantirle l’agognata rispettabilità.
Un romanzo corale, con tante protagoniste femminili, semplici pedine sulla scena di quel periodo storico, anni cruciali, difficili, che hanno segnato il nostro tempo. Donne spesso intrappolate in matrimoni infelici, animate da sogni irrealizzabili, madri, mogli, figlie, amiche, tutte frutto del loro tempo e in balia degli uomini e di un destino già segnato.
Dora in questo contesto emerge prepotentemente, lei è una donna in cerca di riscatto, perennemente in lotta contro un destino già scritto, e nonostante sia nata sotto un cielo sbagliato, la sua vita sarà ricca di avvenimenti, costellata da decisioni prese a volte a mente fredda, perché Dora ha uno scopo, non è disposta a rinunciare ad una vita agiata e se sarà costretta a mettere da parte l’amore, lo farà, tutto pur di raggiungere il suo sogno.
Detta così si potrebbe pensare che Dora sia una donna meschina e calcolatrice, e ammetto di averlo pensato anch’io in un primo momento, ma tenendo conto del periodo storico e dei terribili stravolgimenti di quegli anni, posso comprendere le ragioni di Dora e probabilmente molte donne nella sua stessa situazione avrebbero agito alla stessa maniera. Non è una scusante certo, eppure mi sento di difenderla perchè il contesto in cui si vive forma la persona e Dora non ha iniziato la sua vita nel migliore dei modi. “Prima o poi quelli che ama la lasciano indietro.”
Ne ho ammirato fin da subito l’intelligenza e la determinazione, un esempio a suo modo positivo per tutte le donne. E pazienza se non incarna il modello di donna amorevole e accondiscendente, lei è Dora, non è perfetta, e scusate se sogna la sicurezza di una posizione sociale, scusate se scende a compromessi pur di raggiungere i suoi scopi, ognuno combatte le proprie battaglie con le armi di cui dispone, e Dora mette in campo tutta sé stessa pur di garantirsi un futuro.
La vita insegna, e nel contempo ci mette continuamente alla prova, e Dora ha dovuto imparare a cavarsela da sola fin da piccola, le è stato negato l’amore materno e l’abbraccio di un focolare domestico. E nonostante siano passati tanti anni non riesce a dimenticare il sapore amaro della carità, le immagini del suo passato sono scolpite nella sua memoria, la vergogna di un’infanzia misera e triste l’accompagneranno per tutta la vita.
Determinata e ammirata da tutti Dora saprà con il tempo ritagliarsi un ruolo nella famiglia del marito e nella società, ad aiutarla e sostenerla in questo ruolo una compagna inaspettata sarà Irene, sua cognata, quella stessa bambina conosciuta tanti anni prima sul sagrato della chiesa. Un segreto che le legherà per sempre. Il destino le ha riunite sotto lo stesso tetto nel periodo più buio della storia italiana, nella famiglia Arrivabene.
Irene e Dora sono due donne completamente diverse, il paragone è inevitabile, Dora determinata a raggiungere i suoi scopi, Irene remissiva, generosa e dolce, incapace di contrastare il marito padre padrone. Due figure che si alterneranno in un gioco di specchi, e attraverso le loro vicissitudini gli anni della guerra corrono veloci e i combattimenti impazzano in città come al fronte. Perché Dora è costretta a guardarsi alle spalle, il nemico è più vicino che mai, e ancora una volta il destino la mette alla prova, nulla l’è mai stato regalato, anche questa volta dovrà lottare fino all’ultimo per rivendicare il suo posto di madre e moglie in una società che l’ha sempre rinnegata. Un atto finale degno di un’eroina di altri tempi.
Trent’anni di storia della provincia italiana, un bellissimo affresco del nostro Bel Paese. Romanzo storico appassionante, tagliente, e per certi versi disincantato. Lettura piacevole, trascinante. L’autrice Silvia Truzzi ha sapientemente orchestrato un periodo storico ricco di avvenimenti con le vicende personali di due grandi famiglie alternandoli con grazia e maestria. Il suo è un racconto personale, legato alla sua famiglia, alle radici che la legano alla città di Mantova, spesso citata attraverso bellissime descrizioni di palazzi, monumenti, usi e costumi, e soprattutto il suo ruolo durante la Seconda Guerra mondiale.
Un viaggio all’indietro, nel passato, in compagnia di un variegato mondo di personaggi che hanno condiviso i passi di Dora con generosità come Nino che le ha cambiato la vita, come Irene che l’ha sostenuta con la sua dolcezza, come Maria che l’ha accolta tra le sue braccia, come Eugenio, marito amorevole e dedito al lavoro e alla famiglia, e che ha saputo infonderle coraggio e guidarla con dolcezza.
Con il passare degli anni assistiamo ad una lenta e inesorabile trasformazione di Dora, una maturazione interiore profonda, non è più la bambina spaventata che è entrata a palazzo Valenti, la guerra l’ha profondamente cambiata, ora è animata da una nuova consapevolezza, più matura e più vicina agli affetti. A suo modo si è emancipata e ha conosciuto l’amore, un attimo fugace, rubato al dolore; la felicità di un brevissimo momento strappato ad un destino nato sotto un cielo sbagliato. Quel destino che si è finalmente realizzato, ma a quale prezzo?
Lascio a voi lettori il piacere di scoprirlo leggendo Il cielo sbagliato di Silvia Truzzi, un romanzo che consiglio vivamente di leggere e regalare. Una pagina della nostra storia abilmente romanzata e adatta ad un vasto pubblico di lettori.
Scheda dell’editore
Dalle Giornate Rosse del 1919 all’arrivo dei bambini di Vienna, dalla visita di Vittorio Emanuele III al bombardamento del giorno di San Valentino, dal clamoroso caso dell’avvelenatrice di Mantova allo scandalo che seguì l’uscita del film La cena delle beffe nel ’41, Il cielo sbagliato racconta trent’anni cruciali di provincia italiana attraverso gli occhi di due donne che ne incarnano lo spirito più profondo.
Un romanzo che ci invita a ricordare quanto è vicino il tempo in cui le donne non avevano voce e quanto siano ancora resistenti le catene sociali che imbrigliano l’ambizione e il desiderio di emancipazione femminile.
Mantova, 1918. Nel giorno dell’armistizio della Grande Guerra, due bambine vengono al mondo a poche ore di distanza. Irene è l’ultimogenita dei marchesi Cavriani, famiglia dell’antica nobiltà cittadina. Dora nasce già orfana perché la mamma muore di parto e il padre, soldato disperso, non farà mai ritorno a casa. Ogni domenica le due bimbe si incontrano sul sagrato di Sant’Andrea: una chiede l’elemosina, l’altra le fa la carità.
Gli anni passano e due vite che sembravano destinate a rimanere separate da un’insormontabile differenza di classe s’incrociano di nuovo. La sorte, che ha portato Dora nella casa borghese della famiglia Benedini, le ha fatto dono di una bellezza fuori dal comune. La ragazza fa girare la testa agli uomini: tra loro c’è anche il timido Eugenio, figlio dei ricchissimi Arrivabene e cognato di quella Irene che si chinava a depositare un soldo nella mano sudicia di Dora. Mentre il fascismo insanguina le strade della città, Dora si fidanza con Eugenio, ma il bel mondo che comincia a spalancarsi davanti ai suoi occhi ha in serbo per lei amare sorprese.
L’autrice
SILVIA TRUZZI, giornalista, è nata a Mantova e vive a Milano. Laureata in Giurisprudenza, lavora al Fatto Quotidiano dalla sua fondazione nel 2009. Ha vinto il Premio giornalistico internazionale Santa Margherita Ligure per la cultura nel 2011 e il Premio satira politica Forte dei Marmi, sezione giornalismo, nel 2013. È autrice del programma di Massimo Gramellini, Le parole. Nel 2016 ha pubblicato Perché No (con Marco Travaglio) e nel 2019 C’era una volta la sinistra (con Antonio Padellaro). Con Longanesi ha pubblicato Un Paese ci vuole. Sedici grandi italiani si raccontano (2015) e il romanzo Fai piano quando torni (2018).