di Egidio Lamboglia
Isid’oro
di Egidio Lamboglia
C’era una volta…
Letturedikatja ha il piacere di ospitare una storia senza tempo. Un viaggio immaginario che fa da sfondo ad un incontro ineluttabile, immerso tra sogno e realtà. Vi invito a leggere queste righe, un racconto breve, tenero e avvolgente e leggero come una piuma, nato dalla mirabile penna di Egidio Lamboglia, intitolato Isid’oro.
Isid’oro
Era più un raglio che un ruggito, quello del tigrotto OM del 72 che percorreva, titubante, la vecchia autostrada che collegava la campagna al mare.
Isidoro era ormai abituato a quel verso, aveva imparato il suo linguaggio e dialogavano a lungo durante i loro viaggi. Era il suo tigrotto e gli voleva bene.
Da più di dieci anni sedeva al volante del felino meccanico che, si, aveva qualche acciacco ma si difendeva egregiamente sull’asfalto e sulla terra battuta, trasportava pezzi di ricambio per mezzi agricoli ormai estinti e, sempre meno, trattori di terza e quarta mano.
Era conosciuto e benvoluto da tutti i clienti per il suo modo bonario di trattare gli affari, se così vogliamo chiamarli, che si concludevano sempre (e quando dico sempre intendo dire sempre, altrimenti non avrei detto sempre…) con un buon bicchiere di rosso. Di quei bicchieri teneva sempre (e quando dico sempre…) da parte un po’ di vino che travasava in una bottiglietta, un tempo abitata da una grappa distillata chissà dove e l’assenza dell’etichetta contribuiva a mantenere irrisolto il mistero.
Senza farsi vedere da nessuno, il perché non è dato saperlo, versava il contenuto della bottiglietta nel serbatoio del gasolio e, con fare complice, dava una spallata al gigante.
(mancava solo gli strizzasse gli occhi!)
Gli strizzava gli occhi e batteva la mano col palmo aperto sulla portiera metallica.
A metà tragitto la strada costeggiava il fiume dalle quali rive, prati e piccoli arbusti si arrampicavano docili su per le colline abitate da borghi che parevano abbandonati e boschi di castagni.
Un paese in particolare colpiva la sua attenzione, non ne conosceva neanche il nome.
Le case sembravano incollate tra loro, in bilico sulla parete di roccia scura. Dovevano averle incollate bene perché erano sempre uguali, nessun crollo nonostante il loro aspetto incerto. I suoi occhi camminavano per le strette vie, salendo fino al picco dove la chiesa era stata appoggiata, probabilmente dalla stessa mano che aveva incollato le case. Quel campanile rapiva sempre la sua attenzione, ammirava la sagoma longilinea che dirigeva al cielo. Non capiva nulla di chiese, né dal punto di vista architettonico né da quello spirituale ma ne era profondamente affascinato.
Quando il giro dei clienti era scarno poteva permettersi una sosta in un parcheggio privilegiato per ammirarla.
Saliva sul tetto del camion e fantasticava di storie ambientate nel borgo, le raccontava all’amico che pareva proprio gradire. Quello era uno di quei giorni. Ma sul tetto nessuna magia, il racconto tentennava ad uscire, sentì una sensazione, a lui poco familiare, la malinconia.
“amico, scusa ma non riesco proprio ad immaginare oggi…”
L’amico era un buon amico e non disse nulla per mostrare la delusione per la mancata storia; rimasero entrambi in silenzio.
Stella era cresciuta tra panni da lavare e panni da stendere; con quattro fratelli ed un padre impegnati in campagna aveva un gran da fare a casa ma appena poteva fuggiva tra le pagine di qualche vecchio libro recuperato in qualche modo.
Era sempre stata una bambina sorridente ma ora, quasi diciottenne, gli occhi si ricoprivano, spesso, di una leggera patina salata.
Fin da piccola amava salire sul campanile con il vecchio libro di turno, sedeva sul muretto appoggiando la schiena al pilastro scrostato che mostrava i mattoni rossi, forse per la vergogna di aver perso il loro vestito.
Quello era il punto preferito da Stella, passava quanto più tempo possibile ad osservare la strada che correva lungo il fiume. Tutte quelle macchine che viaggiavano nelle due direzioni stuzzicavano la sua curiosità
“Guarda guarda come corrono quei due! Vanno a sposarsi, sono scappati di casa e di sicuro un parroco li starà già aspettando da qualche parte…uuh…dietro due macchine c’è il papà di lei…ma chi guida? Lui non è in grado. È Alvaro! Il fidanzato scelto dalla famiglia. Vai più veloce Fausto! Corriii”, raccontava ad alta voce.
Da qualche tempo si era accorta di un camion rosso che si fermava in un piazzale e del suo autista che sedeva sul suo tetto. Non riusciva a capire cosa facesse ma avrebbe voluto scoprirlo. Impossibile elaborare una teoria, non si fermava mai lo stesso giorno, mai agli stessi orari, nessuna cadenza, a volte passavano settimane intere senza vederlo.
Quel pomeriggio, però era lì ma era, stranamente, immobile. Solitamente gesticolava molto, sembrava indicare qualcosa in direzione del paese, “ma cosa? E poi, indicare a chi?”
Stella lo fissava in silenzio. Non capiva perché ma quando lo vedeva, era contenta e quando se ne andava, salutava con un sorriso e un timido cenno della mano.
Isidoro, senza rompere il silenzio, scese dal tetto e si posizionò al volante, sorrise, alzando un solo angolo della bocca. Un colpo sicuro di chiave e il motore riprese a ragliare.
Ripresa la marcia, finalmente, ritrovò l’uso della parola: “oggi, caro amico, si esce alla prossima. Ti porto a visitare la chiesa…si, lo so che sei tu a portare me…”
Stella fece appena in tempo ad abbassare la mano che vide il camion imboccare l’uscita, non era mai successo…” oddio, verrà qui? Mi avrà visto?” Una strana agitazione le si infilò sotto pelle, si sentiva responsabile di quella insolita deviazione, come se avesse pensato troppo forte a quel tizio che si arrampicava sul tetto a fare… ma cosa faceva?
L’asfalto, dopo il casello, era dilavato dalla pioggia e bruciato dal sole. Il tigrotto era abituato a quelle strade invase dall’erba e dalle buche che intrappolavano la pioggia, Isidoro si posizionò meglio sul sedile e socchiuse gli occhi, era pronto ad accusare i colpi che gli ammortizzatori non ammortizzavano più. La strada cominciò a salire e il lamento del camion divenne più un grido di battaglia.
Arrivati alle prime case la strada si fece più stretta, impossibile continuare. “ti lascio qui solo per poco…vado a vedere dove sono finite le storie di oggi, al mio ritorno beviamo qualcosa. Riposati”
Stella era come pietrificata, più ferma del pilastro scrostato. Lo vide arrivare con passo giocoso, le mani infilate in tasca, le maniche della camicia arrotolate appena sotto il gomito, i pantaloni in velluto a coste strette avevano risvolti appena sopra la caviglia. Sembrava fischiettare, era buffo e le scappò un sorriso.
È un paese fantasma, pensò. Poco importava, era lì per la chiesa e il solo vederla a pochi metri lo riempiva di gioia. Una volta in piazza si allontanò per poter contenere la costruzione nel suo campo visivo, non credeva ai suoi occhi, era davanti a un sogno, non poteva fare a meno di sorridere. lo sguardo si arrampicò sui muri in sasso fino ad arrivare al campanile dove una ragazza dai capelli raccolti in una fascia lo fissava con occhi…una ragazza??! Abbassò repentinamente lo sguardo e si rifugiò in ripetuti colpetti di tosse, le gambe si ammalarono di un tik che non permetteva loro di stare ferme.
“chissà cosa ho visto!”
Dopo un respiro profondo alzò ancora la testa, sicuro di non vedere ciò che in realtà rivide.
La carrozzeria di Tigro era calda ma non dava fastidio, anzi.
Il sole, basso, scaldava la luce e la chiesa era sempre affascinante vista dal parcheggio privilegiato per ammirarla. Isidoro non aveva più perso la magia e liberava parole leggere che sostavano un po’ a mezz’aria prima di prendere il volo.
“e se a tua mamma non fosse servito andare in bagno, probabilmente, saremmo ancora lì a guardarci negli occhi”.
Il sole scese, loro tre no e dormirono sotto le stelle.
Tigro, rimasto sveglio, vide una stella cadente ma non espresse alcun desiderio.
C’era una volta…
Se ti va raccontami una storia.
Forse la tua? Quella di un amico? Di fantasia?
Non importa quale, o il soggetto, basta che ti rappresenti e parli dei tuoi sogni.
letturedikatja ti ascolta, e magari ti ospita nella sezione “Racconti”.
Non indugiare, partecipa con un racconto, basta inviare liberatoria e materiale via mail a info@letturedikatja.com
Vi aspetto numerosi!
Se questa storia ti è piaciuta, ti invito a leggere anche il racconto di Fabiana Redivivo Il ciliegio link >>