Leonardo Giorda, Ponte alle Grazie
L’angelo custode
di Leonardo Giorda, edito da Ponte alle Grazie
LA PRIMA INDAGINE DI WOODSTOCK HA TUTTE LE CARTE IN REGOLA PER CONQUISTARE
IL PUBBLICO CHE AMA I GIALLI E NON SOLO…
In una Roma poco frequentata, con un ritmo cinematografico e le ATMOSFERE STUPEFACENTI
e pulp di Lo chiamavano Jeeg Robot.
Una voce nuova che sa creare un MIX di CRIME ed elementi di commedia.
Un AUTORE che sarà la rivelazione del GIALLO ITALIANO: un investigatore atipico come l’Alligatore di Carlotto
Scheda dell’editore
Adriano Scala, tutti lo chiamano Woodstock. A ridosso dei quarant’anni non ha concluso molto nella vita: ha un lavoro precario in una scuola elementare e una figlia, ma la sua compagna l’ha mollato da tempo, appena si è accorta che lui non crescerà mai. Woodstock, però, ha delle
straordinarie doti deduttive. Ma queste abilità si attivano solo quando Adriano consuma sostanze stupefacenti. MD, haschisch, marijuana… tutto va bene per concimare l’intelletto sopraffino di questo Sherlock Holmes di estrema sinistra.
Il vicequestore Giacomo Chiesa, al contrario, è un poliziotto tutto d’un pezzo. Veste in modo impeccabile, viene dalla provincia, si è fatto da solo, crede nella legge e per lui esistono soltanto il lavoro e la famiglia.
Quando a San Lorenzo – il vecchio quartiere di ferrovieri, studenti e antifascisti – viene ritrovato il cadavere decapitato di un bambino di undici anni, le strade di Chiesa e Woodstock si incrociano. E i due entrano in collisione.
LA LETTERA DELL’AUTORE
“Mi chiamo Leonardo Giorda ho ventisette anni e ho da poco realizzato il mio sogno. Questa non è una frase che si può dire molto volte nella vita. Nella maggior parte dei casi, anzi, non la si può dire e basta. Invece io mi trovo qui con in tasca un contratto per pubblicare il mio primo romanzo.
Dopo il primo lockdown mi sono ritrovato in una situazione in cui bisognava fare una scelta chiara. Travolto dall’ansia e dalla depressione ho abbracciato una nuova vita.
Mi sono ritrovato a viaggiare e a vivere in un van in giro per un Europa ancora fortemente limitata dalle restrizioni. Ho vissuto in comunità autosufficienti, perse nelle montagne, ho lavorato in agriturismi di classe e in campeggi selvaggi. Mi sono guadagnato da vivere suonando e cantando per strada nelle cittadine della Francia, ho spillato birre in un pub di paese in Irlanda. Ho rischiato di morire su una tavola da surf in balia della corrente. Ho riscoperto le mie radici e ho trovato l’amore della mia vita dall’altra parte del mondo. Da tutto ciò e da altro ancora nasce L’angelo custode.
Woodstock, Chiesa e Gatto sono stati compagni constanti del mio vagare.
Questa lettera non vuole essere una presentazione. Voi già mi conoscete. Io sono, come voi, consumato da una passione. Una passione che possiamo chiamare letteratura. Se con L’angelo custode riuscirò a trasmettere anche solo una minima parte di questo sentire, saprò di aver davvero realizzato me stesso.”
L’AUTORE INTERVISTATO DA PETUNIA OLLISTER
Petunia Ollister, book influencer, ha intervistato Leonardo Giorda in un giorno di inizio maggio, sfidando la scarsa ricezione telefonica: si trovava vicino ad Avignone, diretto verso la Costa Azzurra, tappa intermedia prima di tornare a Roma, a casa, dopo due anni in viaggio sul suo van.
1) COSA TI HA SPINTO A SCRIVERE?
Prima di essere uno scrittore io sono un lettore, molto appassionato di romanzi gialli. Ho cercato il mio percorso artistico in più ambiti ma senza sentirmi mai pienamente soddisfatto di quel che facevo. La scrittura invece è una questione di famiglia: mio nonno era uno scrittore, i miei genitori sono stati entrambi giornalisti e fin da bambino ho avuto una certa consuetudine con la parola scritta.
2) QUALI AUTORI DI GIALLI HANNO INFLUENZ ATO IL TUO ROMANZO D’ESORDIO?
Sono un grande ammiratore degli italiani, soprattutto di Marco Malvaldi e della sua capacità di fare ridere: ho voluto scrivere una dark comedy perché mi fa piacere strappare una risata ai lettori, soprattutto con la caratterizzazione dei miei personaggi.
3) COME HAI COSTRUITO I PERSONAGGI?
Per il mio protagonista mi sono ispirato a Conan Doyle: come Sherlock Holmes era un genio con qualche dipendenza, Adriano Sala, detto Woodstock, è un fricchettone a cui piacciono gli stupefacenti. Per altri aspetti, come quello dei superpoteri, invece sono debitore al film Lo chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti, che è stato l’argomento della mia tesi di laurea.
4) PERCHÉ HAI SCELTO DI AMBIENTARE IL ROMANZO A ROMA? QUAL È IL TAGLIO NARRATIVO CHE HAI DA TO ALLA TUA CIT TÀ?
Roma è la mia casa, con cui ho sempre avuto un rapporto di amore e odio. Fino a che non si è avvicinato il momento della mia partenza: solo allora ho ricominciato a notare la vicinanza tra gli abitanti del mio quartiere e me ne sono andato con la voglia di scriverne.
L’INTERVISTA DOPPIA AI PERSONAGGI
Woodstock e Chiesa sono entrambi sulla quarantina, anche se a guardarli non sembrano appartenere alla stessa generazione. Detective privato nel tempo libero, Woodstock è, a prima vista, il più eccentrico dei due. Il vicequestore Chiesa, invece, è un vero uomo di legge.